
Considerazioni a margine della sentenza n. 2808/2025 del Consiglio di Stato

La recente sentenza n. 2808/2025 del Consiglio di Stato ha offerto un nuovo, significativo chiarimento in materia di autorizzazioni paesaggistiche per l’installazione di impianti fotovoltaici: la produzione di energia da fonti rinnovabili costituisce un interesse pubblico primario e, in quanto tale, non può essere sacrificato in nome di valutazioni paesaggistiche meramente astratte o ancorate a schemi estetici superati.
Il caso esaminato riguardava un impianto fotovoltaico proposto su un immobile in contesto vincolato, con pannelli integrati e non visibili dalla pubblica via. Il diniego opposto dall’amministrazione, fondato su un parere non aggiornato e non aderente alla reale soluzione progettuale, è stato annullato per difetto di motivazione e per violazione dell’art. 11 del DPR 31/2017. La sentenza ribadisce l’obbligo, da parte delle autorità preposte, di esaminare concretamente e nel merito le soluzioni tecniche adottate, e non di esprimere valutazioni stereotipate prive di riscontri oggettivi.
Questo principio si colloca in una giurisprudenza ormai ampia e trasversale.
Accanto alle precedenti pronunce del Consiglio di Stato (n. 2242/2022, 2614/2022, 5815/2022), numerosi TAR regionali – tra cui Lazio, Toscana, Puglia, Campania, Liguria, Lombardia, Veneto, Sardegna e Molise (TAR Molise n. 391/2021) – hanno escluso che il solo “impatto visivo” possa costituire causa sufficiente di diniego, soprattutto laddove l’intervento risulti architettonicamente integrato e tecnicamente conforme.
La riflessione si estende a un piano sistemico. In un contesto di urgenza climatica, transizione ecologica e aumento strutturale dei costi energetici, l’attuale sistema autorizzativo appare in molti casi non più adeguato a conciliare efficienza amministrativa e interesse pubblico alla decarbonizzazione.
Una possibile evoluzione normativa potrebbe fondarsi su tre direttrici:
- Esclusione dell’obbligo autorizzativo per impianti su immobili non soggetti a vincolo diretto, anche se ricadenti in area paesaggistica generale;
- Concentrazione delle valutazioni paesaggistiche solo sugli immobili vincolati ex lege (beni culturali), con criteri oggettivi e verificabili;
- Introduzione di un meccanismo compensativo, sotto forma di tariffa energetica agevolata a carico dello Stato, destinato a soggetti cui venga negata, per motivi di interesse generale, la possibilità di installare impianti.
Una camera di compensazione di civiltà giuridica di questo tipo consentirebbe non solo di riequilibrare il sacrificio imposto al singolo, ma rappresenterebbe anche un efficace stimolo per le amministrazioni a superare approcci meramente formali e orientare le proprie decisioni a una verifica concreta, proporzionata e attuale degli interessi in gioco.
Nel tempo in cui il diritto ambientale si fonde con quello energetico e il paesaggio evolve con l’innovazione tecnologica, serve una capacità normativa e amministrativa altrettanto evoluta. La giurisprudenza sembra già muoversi in questa direzione. Spetta al legislatore consolidarne i principi in una disciplina coerente con le sfide del presente.